Ilaria Capua Sara Sesti
Eletta“mente rivoluzionaria” dalla prestigiosa rivista americana Seed nel 2008, Ilaria Capua è nota a livello internazionale per i successi in campo scientifico nello studio dei virus influenzali così come per la determinazione con la quale difende le sue posizioni sulla ricerca. Il suo libro “I virus non aspettano” ci fa ben comprendere il motivo per cui, eletta nel febbraio 2013 alla Camera dei deputati, abbia accettato di entrare in politica: “Il mestiere del ricercatore non è solo microscopi, stanzette buie e libri, la scienza è prima di tutto condivisione di informazioni, di valori, di metodo, di risultati ed è anche, purtroppo o per fortuna, politica: in questo senso, la coltivazione di rapporti, essere nel posto giusto al momento giusto, la visibilità sono fondamentali per portare avanti i progetti in cui si crede”. I maggiori meriti della sua carriera scientifica sono due e sono riferiti agli esiti delle sue ricerche condotte nel 2000 e nel 2006. Nel 2000 ha sviluppato “DIVA” (Differentiating Vaccinated from Infected Animals), la prima strategia di vaccinazione contro l’influenza aviaria che ha consentito di sradicare con successo una grave epidemia, permettendone il controllo senza abbattere tutti gli animali coinvolti. Tra il 1999 e il 2000, il suo laboratorio presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie era stato scelto come riferimento a livello nazionale nel cercare di contrastare un’epidemia di influenza aviaria che in Italia, solo fra Veneto e Lombardia, aveva provocato 17 milioni di morti di volatili. Un pericolo per la salute umana e un danno enorme per l’economia. In quegli anni era vietato vaccinare i volatili perché non c’era modo di distinguere quelli già infetti, nel gruppo di quelli vaccinati. L’Unione Europea ordinava l’abbattimento di tutti gli animali per evitare di mettere sul mercato alimentare o di esportare anche animali portatori sani di virus, che avrebbero potuto contagiare l’uomo o altri allevamenti. Con i giovani ricercatori del suo gruppo (erano solo in cinque), Ilaria decise di cercare una strategia in grado di distinguere gli anticorpi dei polli vaccinati da quelli dei polli infetti, ciò avrebbe permesso, quindi, di vaccinarli, invece di sterminarli tutti a ogni ritorno del virus. Per mesi lavorò a ritmi febbrili, vegliando giorno e notte sugli esperimenti in atto e alla fine riuscì a mettere a punto con successo il metodo DIVA, primo test capace di individuare gli anticorpi indotti dal vaccino da quelli prodotti dopo il contagio del virus. Fu un successo tutto italiano, diventato oggi una metodica raccomandata da organizzazioni internazionali come OIE, FAO e Unione Europea; un risultato che ha dimostrato le potenzialità di eccellenza della nostra ricerca. Adesso il laboratorio dà lavoro a 75 persone circa, la metà pagate con fondi internazionali: «Sono diventata un’imprenditrice» dice Ilaria, che ogni anno concorre con progetti per aggiudicarsi fondi europei e mondiali, cercando così di ottenere i miliardi di euro indispensabili per la ricerca e per la formazione di personale proveniente anche da altri paesi. Nel 2006, a fronte della minaccia epidemica in Africa causata da “avian virus”, sfidò il “modo di operare” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità relativo al deposito delle sequenze genetiche di ceppi altamente patogeni di influenza aviaria, fondamentali per preparare diagnostici e vaccini.
Con un gesto di ribellione contro la loro privatizzazione, depositò la sequenza genetica del primo ceppo africano di influenza H5N1, che il suo laboratorio aveva sequenziato per primo al mondo, in una banca dati aperta a tutti anziché in una privata ad accesso limitato. L’OMS l’aveva invitata a registrare la sequenza genetica del virus in un database accessibile esclusivamente a pochi laboratori, offrendole in cambio la password, ma Ilaria rifiutò. Scelse invece di diffonderla usando piattaforme digitali ad accesso libero (GenBank), liberalizzando quindi anche la possibilità di produrre il vaccino. “Avevo l’opportunità di stimolare un cambiamento per il meglio, scegliendo di condividere con la comunità scientifica delle informazioni fondamentali invece che tenerle per me favorendo l’interesse di pochi e magari rischiando di causare una grave emergenza sanitaria. Non sono un’eroina, penso di aver fatto soltanto in modo che si possano ottimizzare i benefici di quanto viene sovvenzionato con il denaro pubblico”. Ilaria Capua racconta poi come il successo e la fama ottenuta con DIVA l’abbiano trasformata in una ricercatrice globtrotter, sempre in viaggio dalla Georgia, al Messico fino al Giappone. Consapevole dell'importanza dei traguardi raggiunti, la scienziata che il mondo ci invidia non si ritiene comunque una “martire votata alla scienza”, ma semplicemente una donna che crede fortemente in quello che fa e che è stata in grado di sfruttare le opportunità che la vita le ha presentato, non senza fatica e difficoltà, conciliando il ruolo di mamma (“il lato A”) con il lavoro (“il lato B”). Consapevole che“ la ricerca non è per tutti” e che “ per avanzare nel mondo scientifico sono necessarie alcune caratteristiche essenziali: la motivazione, la passione e la determinazione, come sostegno a una mente talentuosa”, nell’ultima parte del libro invita le donne a valorizzare “il lato B” (quello vero) della loro vita, a “tirare fuori la grinta, i denti, le unghie, la forza e la capacità organizzativa che solo le donne hanno” e soprattutto a osare. “Osiamo immaginare di vincere un Premio Nobel, di diventare un grande cardiochirurgo che salva la vita alle persone o qualcuno che ha avuto un’idea rivoluzionaria. Immaginiamo di essere la prima donna che… Osiamo per noi stesse, per quello in cui abbiamo creduto, ma anche per il nostro paese, per i nostri figli.” Ora che Ilaria sta intraprendendo la sua nuova carriera politica, sicure che vi porterà la sua esperienza, la sua passione ed eccellenza, rivolgiamo a lei lo stesso invito a non cedere alle difficoltà e ai compromessi e a osare nella sfida agli ostacoli che incontrerà numerosi sul cammino della ricerca scientifica in Italia.
Ilaria Capua,
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